Cosa vedere a Trento. Gli affreschi sulle facciate dei palazzi del centro storico di Trento: propaganda o Bibbia dei poveri?
Gli affreschi cinquecenteschi del centro storico di Trento
Molti degli affreschi del centro storico di Trento risalgono al 1500. E’ in tale periodo, infatti, che l’allora principe vescovo Bernardo Clesio, invita tutti i nobili della città ad abbellire le proprie dimore e contribuire, così, a cambiare il volto di Trento, rendendola una città rinascimentale, alla stregua delle capitali mitteleuropee del tempo.
Inizia, così, un periodo di fervore artistico e culturale che vede tutte le casate trentine più facoltose impegnate in una sorta di “gara” per aggiudicarsi sia le maestranze più in voga del tempo sia per realizzare gli affreschi più rappresentativi per abbellire la propria dimora.
Casate nobiliari e maestranze nella Trento del ‘500
Le famiglie coinvolte in questa speciale “gara” di mecenatismo sono, come si accennava, le più note del Trentino, come, ad esempio, i Madruzzo, i Roccabruna, i Cazuffi, i Cloz-Salvetti o i Thun, per citarne solo alcune. Mentre i pittori coinvolti sono nomi come Marcello Fogolino, Girolamo Romanino e i fratelli Dosso e Battista Dossi che, fra gli altri, si adoperarono sulle facciate del centro storico di Trento.
L’affresco come “libro morale”
L’affresco riprendeva per lo più allegorie tratte della bibbia, dalla cultura classica e dalla mitologia. Nell’insieme esso aveva una funzione “istruttiva” prima ancora che di abbellimento.
Se si pensa, infatti, che la percentuale di analfabetismo nella popolazione del tempo era altissima, è intuibile comprendere la portata della rappresentazione di “storie virtuose” o “moniti”, i quali servivano da “libro morale”, seppur semplificato, a disposizione di tutto il popolo.
Ne sono un esempio gli affreschi di casa Rella e casa Cazuffi in piazza Duomo, che riportano allegorie come Nemesi, la dea della giustizia, Occasio, dell’occasione che deve essere presa al volo, Fortuna e così via.

E’ molto suggestiva la scena con la scala della virtù la quale rappresenta un giovane che cerca di salire ma è ostacolato da tre figure che rappresentano la miseria, la seduzione e la morte. L’iscrizione, tradotta dal latino, sotto la figura riporta è moto significativa: “Al giovane è dato salire in alto assai se riesce a liberarsi dalla passione volgare e dalla indigenza sordida, e non lo coglie la morte”.

L’affresco come portatore di aneddoti saggi
Oltre alle allegorie, gli affreschi potevano raffigurare i momenti salienti tratti da storie bibliche come, ad esempio, la scena di Rachele al pozzo, o quelle tratte da racconti della cultura greca, come la scena che riprende la spada di Damocle.
Scene ben note ai più che volevano trasmettere il messaggio racchiuso nel racconto stesso.

Affresco come propaganda
Un’altra importante funzione degli affreschi era quella di “omaggiare” i potenti del tempo: papi, imperatori, re, vescovi e così via.
La Trento del ‘500 si sta preparando per ospitare quello che entrerà nella storia come Concilio di Trento ed è naturale quindi che le facciate dei palazzi che costeggiano le vie principali, “occhieggino” alle personalità importanti dell’epoca.
Sulle facciate di palazzo Del Monte, in via S. Marco, possiamo ammirare il ciclo pittorico con le fatiche di Ercole, una chiara allusione alla virtù e alla forza dell’imperatore Massimiliano I, conosciuto anche come Hercules Germanicus.

Un altro esempio di “omaggio” lo troviamo sulla facciata di Palazzo Geremia, in via Belenzani, con le scene di un ipotetico soggiorno a Trento dell’imperatore Massimiliano I, che riporta sullo sfondo la loggia veneziana del Castello del Buonconsiglio.

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